giovedì 4 maggio 2017

Le prigioniere

Buio.
Sul fondo di quella cavità, scavata per secoli dallo scorrere del fiume ἀμέλεια,  giacciono tre corpi informi, logorati dai lunghi anni di prigionia.
L'oscurità le avvolge; l'unica cosa che le tiene ancorate alla realtà - o, perlomeno, ciò che loro considerano e hanno sempre considerato realtà - sono le esili figure che danzano continuamente davanti ai loro occhi: ἐργασία, βιασμός e Ψuχ. Le donne, dopo anni di prigionia, si sono ormai convinte che ciò che vedono ogni giorno sia normale, come è normale subire violenza in questi tre ambiti; non si ribellano, ma accettano passivamente tutte le angherie alle quali sono sottoposte. Non per paura, ma perché imprigionate dalle catene della Rassegnazione.
Soltanto trovando il coraggio di abbandonare quella condizione servile, che pur viene considerata normale e "sicura", le prigioniere potranno uscire dalla caverna e riscoprire quella che, in un mondo civile, è davvero la normalità; e, una volta scoperta, sarà tale la gioia che mai più si abbasserà la testa, e anzi ci si impegnerà affinché nessuno debba più essere vittima di quelle catene.


Abrami Francesco

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